domenica 30 ottobre 2011

PAGANESIMI ELETTRICI - La Maschera della Divinità Danzante - Pt. 3



Era il termine di una notte lunghissima, trascorsa con le menti nei boschi battuti dal temporale estivo; i mimi con le grandi maschere piatte si tolsero i costumi e li adagiarono informi sul palco dove il gruppo intonava una melodia ipnotica e circolare. C’è tanta mitologia agreste e celeste in “The Herald”, con le sue allegorie del Giorno e della Notte, della Luce e del Buio separati dal suono di flauti lontani. Un brano interminabile nel cui ciclico interludio di chitarre acustiche Chris e Roger si divertono a reinterpretare le affinate polarità di Jansch e Renbourn, senza troppi sofismi ma raggiungendo un equilibrio e una ritmicità mai noiose. Il ridestarsi della grande Ruota Cosmica è affidato prima alla viola poi al flauto: e qui i paragoni sono veramente difficili; è un folk che diventa lied romantico rarefatto, pare troppo raffinato per essere Pop Music e resta così sospeso ed inattribuibile. Qualche eco nei brani più estesi di Happy Sad, sostituendo al vivido acquerello intimista di Love From Room 109 At The Islander (On Pacific Coast Highway) un gusto allegorico pagano e remoto nel tempo. Quando su una metà della terra è spenta la natura, un altro Araldo, su meridiani celesti opposti, estrae il suo zufolo e le ombre si ritraggono veloci. Rotazioni e rivoluzioni stagionali che insegnarono all’uomo l’arte della vita. Il solito colore vocale di sesso indefinito qui si trasforma in salmo religioso di voci bianche. Stupefacente.
Una mattina di molti giorni dopo, il levarsi del sole vide una Londra finalmente placata. Pare che le fiamme si fossero estinte presso la Temple Church, ma altre fonti sostenevano che fosse intervenuto lo stesso Duca di York a distruggere la Biblioteca per impedire l’ ulteriore diffusione del fuoco. La città ne usciva comunque distrutta. Gli sfollati che occupavano il grande parco del Principe Viaggiatore ripresero lentamente la via della capitale in una fila lunga e ondivaga. Il giardino si svuotò.
Glenn, Roger e gli altri ragazzi del complesso riposero gli strumenti. Era facile prevedere per loro un futuro radioso, con una musica di quella qualità. Le cose andarono diversamente.
Forse fu la malvagia compiacenza dei testi, o quelle voci che evocavano perversioni incestuose; o la mancanza di un singolo da classifica; il non scendere a compromessi con la pure variegata scena prog dell’epoca. First Utterance fu un fiasco. Nonostante passarono in tour buona parte del 1971, i Comus non esistevano commercialmente; l’abbandono del fido manager Chris Youle l’anno seguente segnò anche la fine del gruppo.
Un paio d’anni dopo in verità ci fu un tentativo di ricostruire un progetto; la neonata Virgin pareva l’etichetta perfetta e nel gruppo entrò persino lo stralunato saxofonista dei Gong, nonché braccio destro di Daevid Allen, Didier Malherbe. Ci fu entusiasmo, ci fu anche un nuovo album, To Keep From Crying, ben più di compromesso rispetto all’esordio. Mancarono ancora i riscontri commerciali. Il Semidio pagano piombò nel sonno definitivo.
Tanto definitivo che presto divenne uno dei massimi culti del revival prog europeo dei primi anni ’80. First Utterance fu (e lo è tuttora) uno dei più rari LP della scena folk britannica dei primi ’70; talmente raro che si cominciò a dubitare persino della sua esistenza. Un vero Graal. In Italia veniva addirittura distribuito come finto album dei Titus Groan, col titolo Plus: il fatto alimentava la leggenda di un disco “per iniziati”.
Quando, nel 1995, sarà finalmente ristampato in CD, l’aura mistica sembrò scomparire ma la musica manteneva, a distanza di 30 anni, tutto il suo potere ipnotico. La sola immagine di copertina, raccapricciante da sembrare il cadavere carbonizzato del Re Cremisi di Barry Godber, valeva il prezzo del disco.
Il Principe Viaggiatore, dal canto suo, abbandonò la dimora di campagna non appena partiti gli ospiti. Richiuse le grandi finestre della loggia; tirò le tende pesanti. Poi girò il cavallo e, incappucciato, lo spronò verso un tempo lontano; alle radici del paganesimo, indietro nella storia.





LA MASCHERA DELLA DIVINITA’ DANZANTE


Comus – First Utterance
Dawn Records – DNLS 3019 – 1971

A1 Diana
A2 The Herald
A3 Drip Drip
B1 Song To Comus
B2 The Bite
B3 Bitten
B4 The Prisoner














Comus – Diana
Dawn Records – MAX-1006-YD
7", 33 ⅓ RPM, Maxi-Single
 
A1 Diana
A2 In The Lost Queen's Eyes
B Winter Is A Coloured Bird


DISCOGRAFIA CITATA NEL TESTO

Comus - To Keep From Crying
Arnold Schönberg - Erwartung
Tim Buckley – Happy Sad
The Pentangle - Omonimo
Genesis – Nursery Cryme

  
IMMAGINI

Maschera teatrale romana

Tiziano - Bacco e Arianna
  
Erwartung (A. Schoenberg), bozzetto di scena
  
W. Blake – Illustrazione per Comus di Milton

Cover e label da Comus – First Utterance e Diana


RIFERIMENTI DISCOGRAFICI



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