giovedì 2 febbraio 2012

PAGANESIMI ELETTRICI - Il Naufragio di Atlantide - Pt. 4


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Attorno, le grosse zolle rivoltate dall’aratro fumavano appena al sole del mattino, emanando un profondo odore di terra che ormai aveva soppiantato la salsedine aspra della laguna. Lungo gli argini lunghe prospettive di pioppi acuminati vegliavano le tese campagne tra Padova e Vicenza. Quella barca che la sera prima sembrava il trasporto naturale, in quelle terre ora pareva un corpo estraneo ed indesiderato.
Dopo un lungo silenzio, in cui il Principe ripensò alla Serenissima e ai suoi tesori naufragati, Ocean fu di nuovo al centro dell’attenzione. Qualcosa ancora non lo convinceva del tutto, pur intuendone la grandiosità, se non della musica, dell’idea.

Perché la distruzione di Atlantide tutta? L’annientamento di un’ Utopia con la sola colpa di avere concesso ad una creatura limitata ed imperfetta l’accesso ad un Eden di Natura, Storia e Architettura divine? E’ solo una punizione, o addirittura una repressione? L’ esigenza di ribadire un’autorità ovvia? O piuttosto è una vendetta? Come si può giustificare la vendetta di una divinità onnipotente nei confrontanti di una razza infinitamente inferiore?
Jurgen batterista ed autore di tutti i testi dell’album, fissava l’acqua melmosa dei canali. Sosteneva un’altra tesi.


Ocean, il suo “concept”, il suo intero universo, si collocano al di fuori dell’ottica, così Cristiana, così tremendamente Francescana, di un Dio di infinito Amore e Perdono. Le sue coordinate riconducono pittosto alla religione pubblica del mondo Classico, dove gli Dei sono Attori che personificano in maniera quasi caricaturale le peggiori deviazioni e le più grandi virtù dell’ Uomo. E interagiscono con lui, con questa razza sì imperfetta, eppure abilissima a copiare, replicare ed apprendere, a migliorarsi nel bene e nel male.
Se un uomo offende un Dio questo ha il diritto di rendere l’offesa e non ha nessun dovere di perdonare. Fu perdonato Prometeo? O Marsia? Edipo fu risparmiato dal dolore? La Hybris è  colpa tra le peggiori e la punizione è un obbligo morale. Cinquecento anni prima di Cristo, prima di “ama il tuo prossimo”, di “porgi l’altra guancia”. Poseidone si sente tradito dal genere umano che lui stesso ha contribuito a plasmare. E la sua punizione si rivolge anche contro sé stesso: distruggendo Atlantide egli cancella ogni traccia divina dal mondo; cancella un po’ di sé.


Ma di fatto impedisce ogni futura riabilitazione, o addirittura redenzione. Cancella sia l’errore sia, ahimè, chi lo ha compiuto. Nega in maniera totale e irrevocabile quella possibilità di migliorarsi in cui l’uomo eccelle; nega ogni prospettiva “progressiva”. Non è diverso dalla Divinità irascibile e scorbutica dei pastori nomadi che tramandarono il Vecchio Testamento. E’ giudice ed esecutore. E’ come un giardiniere che ogni anno pota la pianta per mantenerla della stessa forma e le impedisce di produrre fiori e maturare frutti. Qual è il significato di tutto ciò? Sostenere che siamo schiavi di un Dio irascibile? O che, nonostante tutto, siamo ancora soggiogati ad una Natura dormiente che ad ogni risveglio genera catastrofi che, se non fuori dalla nostra comprensione, sono fuori dal nostro controllo? Se l’obbiettivo e solo questo meglio guardare ai primi Van der Graaf Generator di Darkness, After the Flood o Killer.

Non voglio dimenticare un’altra cifra determinante di questo nostro lavoro. Ocean non è filosofia; è narrativa. Non cerchiamo di fornire spiegazioni complesse; cerchiamo di raccontare storie. Immagina il Mito spogliato di ogni suo riferimento sociale e morale: cosa resta? Un racconto, forse una “favola di fantascienza”. L’unica strofa che si può immaginare andare oltre è l’ultima:

Siamo una particella nell’Oceano
Perduti e salvi come una lacrima
Siamo nati e perduti nell’Oceano

L’ Acqua fu il principio della vita, siamo nati in essa e di essa composti. Questo alla fine credo sia ciò che rimanga. In Dawn cercammo il Principio nella Luce, qui in un diverso elemento. Non vogliamo giudicare quale tesi sia più giusta; cerchiamo solo di proporre musica migliore. Ognuno può scegliere da che parte stare.

E in effetti, narrativo o no, tutto il concept è come intriso di una liquida religiosità pagana collettiva. Su questo si può certo concordare…
Quando giunsero ai poderi della Bertesina anche i gabbiani più tenaci avevano lasciato il posto agli aironi grigi e alle folaghe. Tra i folti argini di canne paglierine si delineò l’ampia loggia tripartita di Villa Gazzotti, tenuta anticamente appartenuta ad un intraprendente commerciante e mecenate del secolo passato che fu costretto a venderla dopo un disastroso collasso finanziario. Da allora versava in uno stato di semi abbandono; solo il Principe la utilizzava, di tanto in tanto, quando si trovava ad attraversare l’Italia settentrionale. L’enorme porticato frontale, simmetrico, perfetto, troneggiava nella campagna bassa e marrone come un tempio antico e inviolabile.
La bragana attraccò al piccolo molo di legno e subito i ragazzi del gruppo scesero impazienti di sentire la terra ferma sotto i piedi. Era appena metà mattina e lo show di quella sera a Verona poteva ancora essere salvato. Il Principe fornì loro un vecchissimo Volkswagen T-2 Split azzurro del 1952, che aveva girato mezzo mondo. Se all’arena gli Eloy si fossero ricongiunti ai rodiese e al resto del loro clan avrebbero potuto finire il Tour.
Dopo tutto, Ocean lo meritava.


Il principe aspettò che la nuvola di polvere sollevata dal furgone in partenza si depositasse sul selciato muschioso.
Poi si diresse verso l’atrio della villa per ridare luce a quelle stanze cavernose.
Non incontrò più Borenmann e il suo gruppo; continuò a seguirli da lontano, con curiosità e simpatia. Non era la musica mistica ed insondabile degli angeli cantori nella pala del Vivarini; non era la musica che cercava, né il suono perfetto destinato a rimanere nel Tempo. Ma fu un diversivo interessante e inaspettatamente profondo, che gettava un’idea di speranza nell’ inarrestabile Agonia di Atlantide e della sua società.
Attorno a lui, timide onde di superficie solcavano l’ampio meandro del fiume addormentato. Le sfiorò con le dita, bagnandosi appena.

IMMAGINI

Umberto Moggioli - Burano 1915 ca.

Carta del Dominio Veneto nell’Italia. 1662 – da Geographiae Volumen Octavum

Scorcio di Villa Gazzotti

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