domenica 5 febbraio 2012

Riletture Americane - La Rapidità - Parte 5: Il problema del Tempo


“Categorie calviniane” applicate alla Popular Music - La Rapidità - Pt. 5
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Una domanda è quasi spontanea dopo tante riflessioni. Dove si dirige a così alta velocità il Rock? Quel senso d’urgenza, quell’esigenza di fuga e di corsa, dove portano questa musica?

“Rock 'N' Roll Is Here To Stay” si cantava in Grease. Ma e’ veramente “qui per restare?” E’ una forma di espressione artistica fatta per permanere o una moda consumistica a tempo determinato? O ancora: quanto ha veramente a che fare il tempo con la musica Rock,  e per esteso, con la maggior parte della musica commerciale moderna?
Risposta sintetica: moltissimo.
Tanto da esserne a volte prigioniera. Moltissimo sia per quanto riguarda il tempo interno, proprio della canzone (il beat, il ritmo) sia quello esterno ad essa (il “momento”).
Il beat, il timing interno, è a tratti la banalizzazione, nei casi migliori la semplificazione, dei complessi ritmi “neri” di derivazione africana, molto più spesso una copia-carbone del posato e monocromo ritmo del Country bianco.

C’è qualcosa di intrinsecamente tedioso, di questi tempi, nella scansione ritmica, nel beat in 4/4 e nelle rauche grida (quasi sempre maschili) per la libertà.
(Simon Frith – Il Rock è finito)


Un beat che è ulteriore irrigidimento di quell’ondeggiare tipico del blues rurale in cui il fattore tempo non era mai assoluto, ma sembrava piuttosto ora sincopato, ora dilatato come un elastico, a discrezione dell’artista.

That last phrase was off because you played it correctly You should play it wrong — a little ahead of the beat. its very effective. That’s the way the older jazz musicians played it. They played a little bit ahead, then, later Chicago musicians decided to play a little bit behind the beat and that’s not easy to do. It’s a little ahead or behind.
(Sun Ra – citato da Andy Wilson in: Faust -  Stretch out Time 1970-1975)


Questo essere sempre “un po’ dietro, un po’ davanti” al ritmo rende ancora oggi non del tutto afferrabili i vecchi brani dei vari Charlie Patton, Robert Johnson o Son House: rimane sempre qualcosa di sospeso, di non percepibile a pieno: è proprio quel piccolo spazio che rimane tra l’essere un po’ dietro o un po’ davanti (little bit ahead… a little bit behind), il cui bello è il NON poter essere misurato in battute o in secondi: si può percepire ma mai misurare.
Il Rock derivò la sua ritmica, oltre che dalla musica Country, dal Rn’B urbano, cioè quella forma tipica dell’afroamericano “di città” che si lascia alle spalle le grandi pianure e le grandi piantagioni scandite da un ciclo stagionale in favore della città a ritmo industriale. Così perse gran parte del suo controllo sul tempo: anzi, è il beat che controlla la musica Rock. Così come nelle grandi città sono le tabelle orarie dei turni in fabbrica o dei trasporti pubblici a governare la vita dei cittadini. Il Rock n’ Roll nasce già schiavo del beat e anche questa componente ne determinerà l’ascesa e il successo: una musica in cui ognuno può facilmente tenere il tempo, con il battito del piede o l’ondeggiare della testa è una musica in cui ognuno è protagonista da subito.
Col trascorrere degli anni e l’istituzione formale del nuovo genere si irrigidì inevitabilmente anche la dipendenza rispetto al tempo esterno alla canzone: il “momento”. Il momento giusto per pubblicare un singolo, il momento giusto per apparire in televisione o passare in radio, il momento giusto per intraprendere un tour. Se sfruttati con precisione possono garantire il successo e quindi contribuire a rinforzare o addirittura generare una moda. In effetti se il tempo interno ha a che fare con il ritmo (con la batteria, con la chitarra ritmica, con il riff) quello esterno ha a che fare con il trend, con il gusto del pubblico e quindi con la vendita e il consumo. Pochissimi sono stati gli artisti che hanno cercato di infrangere questa tirannia del tempo sulla musica commerciale e quel che più conta, ne sono sempre usciti sconfitti: Captain Beefheart e  Faust valgano per tutti gli altri.
Appare allora evidente che in forme musicali così prostrate al più elementare ed epidermico concetto di beat, di battito, la rapidità, la misura di quel battito, giochi un ruolo fondamentale.
Forse è ancora troppo presto per sapere se il Rock è qui per rimanere: dopotutto la prima grande generazione di artisti è ancora in buona parte in giro per il mondo a tenere concerti. Non è facile stabilire se la somma di tante piccole singole rapidità, molte delle quali esaminate in quest’articolo, contribuiscano a determinarne una totale,  estesa a tutto il genere. Il Rock sarà consumato dalla sua stessa voglia di distruzione ed eterna giovinezza? O sarà al contrario l’allineare tante giovinezze interrotte, l’una dopo l’altro, a rendere questa musica veramente “forever young”?

IMMAGINI

Lucio Fontana - Concetto Spaziale, Attesa (1949)
Sun Ra - The Heliocentric Worlds of Sun Ra (1966)


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