sabato 19 maggio 2012

The Misunderstood: Viaggio nel Sole e ritorno Pt.1



I Misunderstood, loro malgrado, ebbero già nel loro nome il proprio destino.
La loro è una delle più celebri tra le nascoste avventure rock degli anni ’60; è la storia di un fallimento. Un meraviglioso, grandioso fallimento.
I protagonisti sono Glenn “Ross” Campbell, selvaggio e tenebroso chitarrista; Rick Brown, il cantante fuggitivo; Steve Whiting, l’unico bassista bottleneck della costa occidentale e John Ravencroft, talent-scout inglese vagabondo della California del Sud.


Mark 0: The Blue Notes

La Riverside dei primi anni ’60 è una pigra città universitaria sulla costa pacifica, distante circa 80 miglia e almeno cinque anni dalla capitale culturale del momento: Los Angeles.
La scena musicale di provincia è ferma alle bollicine di gazzosa del surf strumentale, un genere che aveva raggiunto l’apice tra il 1960 e l 1961 e che stava inesorabilmente segnando il passo. Uno sparuto gruppo di teenagers,  noti come Blue Notes nelle serate danzanti del college, sguazzano timidamente nel surf dalla metà del 1963: sono Greg Treadway, chitarrista e tastierista, Rick Moe batterista e George Phelps, leader e solista. Dopo un anno passato a suonare Ventures, Dick Dale e Beach Boys, ai tre si aggiungono Rick Brown un giovane e promettente cantante e il bassista Steve Whiting. Riconvertiti a quintetto, cambiano anche il nome ribattezzandosi Misunderstood.


Mark 1: First Sessions

E’ il 1965 e mentre a L.A. si prepara ad esplodere la bomba Byrds, un ciclone che lascerà sbigottita mezza California, dall’Inghilterra le ultime novità dell’underground sono gli Animals del possente vocalist Eric Burdon e gli Yardbirds, gruppo di blues rigoroso organizzato attorno al giovane prodigio Eric Clapton. I Misunderstood tentano di allinearsi alla corrente dominante e riescono ad incidere un acetato con 6 tracce, per la maggior parte cover di brani inglesi. Il gruppo sta imparando a conoscersi, Brown cerca di tirare fuori quanto più phatos possibile a volte scadendo nel languido, Phelps è un chitarrista educato ma piuttosto retrò e con scarsa fantasia. Da queste prime sessions risultano, tra le altre, una I need your Love precisa ma piatta, una I Cried my Eyes Out interessante, arrangiata sul torpore di un Farfisa vellutato e riscattata da un’appassionata interpretazione del cantante: le primissime prove dei Doors a casa Manzarek non dovevano essere poi tanto diverse.
Il clima generale è però piuttosto dimesso, privo di aggressività e spontaneità, l’innegabile talento di Brown non basta a tenere assieme brani nati già vecchi. Inadatto al ruolo di chitarrista eroico (in stile Clapton o Bloomfield) Phelps lascia i compagni a metà del 1965 e il gruppo inizia le audizioni per trovare un sostituto.
Oltre ai Blue Notes, l’altro gruppo dominante ai balli dei college di Riverside sono i Goldtone, un combo surf di quindicenni che aveva ottenuto un certo successo grazie alla trasmissione televisiva “Bowling For Dollars” per cui aveva inciso il singolo Gutterball (A&R Records 714), uno sfrenato strumentale dominato dalla rumorosa e indisciplinata chitarra di Glenn “Ross” Campbell.
Glenn è un teenager alto e magrissimo, moro di capelli e torvo di sguardo. Autodidatta, amante della slide per le ampie possibilità sonore, rumoristiche ed elettriche dello strumento, tra il 1963 e il 1965 non si taglia mai i capelli e si specializza in uno stile scorbutico, selvaggio, assolutamente non lineare né tecnicamente pulito, eppure di grande impatto. Solitamente scartato ai provini delle rock band per il solo fatto di presentarsi col bottleneck al dito, si presenta anche alle audizioni dei Misunderstood in cerca del nuovo solista. E’ amore a prima vista.
Con questo nuovo ombroso chitarrista a bordo, il gruppo si lancia in studio per incidere due classici blues: You Don't Have to Go' di Jimmy Reed e Who's Been Talkin' di Howlin' Wolf. Campbell restituisce al timido gruppo dei primi acetati un volume ed un impatto sonoro tutti nuovi, mentre alle sue spalle Winthing ha sviluppato un’originale tecnica di basso bottleneck e Brown è un cantante sempre più sfrontato e sicuro. Who's Been Talkin' suona incisiva nel call and response tra armonica e chitarra che finalmente sostiene il brano in tutta la sua durata con un riff pulito e ben suonato che si concede anche una buona dinamica nel soffuso passaggio centrale.  You Don't Have to Go' sfodera per la prima volta una languida slide à la Muddy Waters gestita con maestria appena timida da Campbell in bel contrasto con i potenti acuti del baritono di Brown: un bel pezzo in puro stile Chicago.


Mark 2: The American Yardbirds

Ma non basta l’inserimento del pur ottimo Campbell a fare decollare il gruppo: l’incontro determinante per i ragazzi di Riverside sarà quello con un dick-jokey inglese disperso nella California meridionale e di base a San Bernardino,  si fa chiamare John Ravencroft e gode di una buona reputazione di talent-scout al passo coi tempi nonché di un ampio credito derivatogli dall’essere in diretto contatto con la scena britannica.
Amico di alcuni gruppi di Riverside come i North Side e i Mystics, John assiste ai concerti dei Misunderstood tra la fine del 1965 e l’inizio del 1966, rimanendone folgorato:

I saw this group taking the stage and starting to tune up and they looked very weird and freaky so I decided to hang around and to see it they were any good. They called themselves, it transpired, The Misunderstood…  Well it was like one of your St. Paul on the road to Damascus experiences, it was stunning. They cut both The North Side Moss and The Mystics to pieces, they really did! Glenn Campbell looked incredibly thin and ill, with exceptionally long hair for those days and he was hunched over his steel guitar playing the most unbelievable stuff I'd ever heard... and Steve Whiting was doing things like playing bass with a bottleneck; they were quite fantastic.

John Ravencroft, dale note di copertina a Before The Dream Faded


All’inizio del 1966 Ravencroft porta il gruppo ai Gold Star Studio di Hollywood e supervisiona, in qualità di produttore, alla prima incisione professionale dei Misunderstood. Da oltremanica intanto, arriva l’eco dell’ultimo portento del rock inglese: è Jeff Beck, chitarrista d’avanguardia che ha sostituito Clapton negli Yardbirds proiettando il gruppo di in una nuova dimensione elettrica e psichica. E’ a lui che la scena underground americana guarda come una guida; ma se molti altri gruppi si accontentano di imitare l’istrionismo e i trucchi tecnici di Beck, per Campbell questo è solo un punto di partenza, un incoraggiamento in più per intraprendere una sua personale esplorazione sonora che incorpora nel linguaggio rock musica etnica, droni orientali, arpeggi spagnoli e melodie cicliche africane ascoltate sui vecchi vinili della Library of Congress. Le sei tracce incise ai Golden Star Studio, di fatto quasi un intero LP, sono 20 minuti di musica che nei momenti migliori si spingono già oltre l’avanguardia. Su tutto I'm Not Talkin', dove sul basso profondo e pulsante di Whiting, Campbell inscena un delirio di risonanze ed effetti Larsen ciclici, musica modale in stile raga, fluttuazioni di volume e impennate slide che vanno ben oltre il pur perfetto archetipo psichedelico di Shapes of Things o Over Under Sideways Down. Gli altri brani riconsegnano un robusto rock-blues nello stile che in quello stesso momento andava affinando a Chicago Paul Butterfield con la sua affiatatissima Blues Band, vedi l’indiavolata Shake Your Moneymaker o lo slow Blues With a Feeling, tra le altre. E se il gruppo ha finalmente trovato un equilibrio e una alchimia notevole, la sezione ritmica non è mai banale, il cantante è esuberante e deciso e quella di Campbell è la prima e più imponente slide elettrefficata dai tempi di Elmore James.


Come se non bastasse, sulla falsariga dei deliri di I'm Not Talkin', i Misunderstood andavano perfezionando un live-act sconvolgente che si chiudeva coi musicisti che lasciavano il palco abbandonando gli strumenti mentre ancora producevano liberi a imprevedibili feedback, tanto da lasciare sbigottiti il mite pubblico del piccoli club di riverside. Campbell, magrissimo, emaciato, con lunghi capelli arruffati emanava un carisma malato e morboso unico, come unico era anche il pioneristico light-show di sua ideazione collegando tra l’altro fanali di vecchie moto e automobili agli amplificatori, in modo che le luci rispondessero selettivamente a particolari frequenze
Eppure, a parte qualche escursione al Pandora’s Box di Los Angeles, il gruppo faticava a trovare un suo habitat e a farsi conoscere ed apprezzare dal grande pubblico. L’ambiente della California del sud era ormai troppo ristretto per il quintetto. La scelta più logica sembrava essere il trasferirsi a L.A. che all’inizio del 1966 non era ancora stata soppiantata da San Francisco come capitale della scena musicale dell’ovest: nella Città degli Angeli risiedevano i Byrds, massimi alfieri del neonato Folk-Rock e stavano muovendo i primi passi band d’avanguardia come i Love del fantastico chitarrista-autore Arthur Lee e la Magic Band, lo strambo combo di blues agli ordini di Don Van Vliet, una sorta di Howlin Wolf bianco.
Ma qui Ravencroft, fin troppo inserito nel ruolo di produttore-mentore, decise al posto del gruppo e mise i Misunderstood su un aereo per Londra, assicurando ai cinque ragazzi appena ventenni un avvenire di successi nella capitale della cultura pop. Era il giugno 1966. 

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